Ultimi giorni per invio delle domande Disoccupazione agricola 2024:  il termine per l’invio delle domande fissato al 2 aprile 2024.

ndennità di disoccupazione agricola –L’indennità spetta ai lavoratori, sia italiani che stranieri, che nel corso 2023 abbiano prestato attività nel settore agricolo e abbiano versato contributi per almeno 102 giornate, accreditate nel biennio 2022/2023, oppure tutte nel 2023.

L’indennità di disoccupazione agricola è una prestazione economica a cui hanno diritto i lavoratori agricoli dipendenti e le figure equiparate.
In quest’ultimo caso, l’indennità spetta se il lavoratore ha almeno una giornata di lavoro, anche non agricola, accreditata negli anni precedenti. In caso di contribuzione mista, deve prevalere quella agricola.
I cittadini stranieri hanno diritto all’indennità solo se titolari di permesso di soggiorno non stagionale, anche se assunti con contratto di lavoro a termine.
Se la prevalenza nel biennio “non è agricola”, si potrebbe avere diritto alla disoccupazione ordinaria Naspi (purché venga presentata entro 60 giorni dal termine dell’ultima attività).
È possibile presentare la domanda di disoccupazione agricola anche in costanza di rapporto di lavoro; si può cumulare il lavoro agricolo se prevale sul lavoro non agricolo; si può richiedere l’assegno familiare limitatamente all’eventuale coniuge a carico.

Soggetti beneficiari – La prestazione spetta:

  • agli operai agricoli a tempo determinato iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti;
  • agli operai agricoli a tempo indeterminato che vengono assunti o licenziati nel corso dell’anno civile, dando luogo, così, a eventuali periodi di mancata occupazione al di fuori del contratto di lavoro;
  • ai piccoli coloni;
  • ai compartecipanti familiari;
  • ai piccoli coltivatori diretti che integrano fino a 51 le giornate di iscrizione negli elenchi nominativi mediante versamenti volontari.

Requisiti – L’indennità di disoccupazione spetta ai lavoratori agricoli che:

  • siano iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti, per l’anno cui si riferisce la domanda o che abbiano un rapporto di lavoro agricolo a tempo indeterminato solo per una parte dell’anno di competenza della prestazione dando luogo, così, a eventuali periodi di mancata occupazione al di fuori del contratto di lavoro;
  • abbiano almeno due anni di anzianità nell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria (mediante l’iscrizione negli elenchi agricoli, ovvero lavoro agricolo con qualifica OTI per almeno due anni civili antecedenti la domanda o, in alternativa, con l’iscrizione negli elenchi, ovvero lavoro agricolo con qualifica OTI, per l’anno di competenza della prestazione e l’accreditamento di un contributo contro la disoccupazione involontaria per attività dipendente non agricola precedente al biennio di riferimento della prestazione);
  • abbiano almeno 102 contributi giornalieri nel biennio costituito dall’anno cui si riferisce l’indennità e dall’anno precedente (tale requisito può essere perfezionato mediante il cumulo con la contribuzione relativa ad attività dipendente non agricola purché l’attività agricola sia prevalente nell’anno o nel biennio di riferimento). Possono essere utilizzati, per raggiungere i 102 contributi, anche quelli figurativi relativi a periodi di maternità obbligatoria e di congedo parentale, compresi nel biennio utili.
  • Requisiti
  • L’indennità di disoccupazione spetta ai lavoratori agricoli che: 
  • siano iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti, per l’anno cui si riferisce la domanda o che abbiano un rapporto di lavoro agricolo a tempo indeterminato solo per una parte dell’anno di competenza della prestazione dando luogo, così, a eventuali periodi di mancata occupazione al di fuori del contratto di lavoro;
  • abbiano almeno due anni di anzianità nell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria (mediante l’iscrizione negli elenchi agricoli, ovvero lavoro agricolo con qualifica OTI per almeno due anni civili antecedenti la domanda o, in alternativa, con l’iscrizione negli elenchi, ovvero lavoro agricolo con qualifica OTI, per l’anno di competenza della prestazione e l’accreditamento di un contributo contro la disoccupazione involontaria per attività dipendente non agricola precedente al biennio di riferimento della prestazione);
  • abbiano almeno 102 contributi giornalieri nel biennio costituito dall’anno cui si riferisce l’indennità e dall’anno precedente (tale requisito può essere perfezionato mediante il cumulo con la contribuzione relativa ad attività dipendente non agricola purché l’attività agricola sia prevalente nell’anno o nel biennio di riferimento). Possono essere utilizzati, per raggiungere i 102 contributi, anche quelli figurativi relativi a periodi di maternità obbligatoria e di congedo parentale, compresi nel biennio utile.
  • Nel caso di lavoratrici madri che si dimettono durante il periodo in cui esiste il divieto di licenziamento (300 giorni prima della data presunta del parto, dalla data di gestazione e fino al compimento del 1° anno di età del bambino) o di padri lavoratori che si dimettono durante la durata del congedo di paternità e fino al compimento del 1° anno di età del bambino, in presenza degli altri requisiti, le dimissioni non precludono il diritto all’indennità di disoccupazione.
  • Per quanto concerne i lavoratori che si dimettono per giusta causa, l’INPS ha accolto l’orientamento indicato nella sentenza della Corte Costituzionale 24 giugno 2002, n. 269 che prevede il pagamento dell’indennità ordinaria di disoccupazione anche quando vi siano state dimissioni “per giusta causa” nei casi di:
  • mancato pagamento della retribuzione;
  • molestie sessuali sui luoghi di lavoro;
  • modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
  • mobbing, crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi;
  • notevoli variazioni delle condizioni di lavoro, a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda;
  • spostamento del lavoratore da una sede a un’altra, senza che sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive;
  • comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.
  • A eccezione del caso in cui la dimissione sia determinata da mancato pagamento della retribuzione, nel presentare la domanda, il lavoratore deve allegare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (nonchédiffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza ex articolo 700 codice procedura civile, sentenze od ogni altro documento idoneo), da cui risulti la sua volontà di difendersi in giudizio nei confronti di un comportamento illecito del datore di lavoro. Lo stesso, inoltre, deve impegnarsi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale.
  • Se l’esito della controversia non riconosce la giusta causa di dimissioni, l’INPS recupererà l’indennità di disoccupazione eventualmente corrisposta, così come già avviene nel caso in cui il lavoratore, a seguito di licenziamento giudicato illegittimo, viene reintegrato nel posto di lavoro.
  • Non è ostativo al riconoscimento della indennità di disoccupazione l’ipotesi di licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’articolo 6, decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23. Tale articolo stabilisce che in caso di licenziamento il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso, un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento. L’accettazione dell’importo in questione non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento ed è da intendersi quale ipotesi di disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.
  • L’indennità di disoccupazione può essere riconosciuta, inoltre, ai lavoratori licenziati per motivi disciplinari poiché tale cessazione dal servizio non può essere intesa quale evento da cui derivi disoccupazione volontaria in quanto la misura sanzionatoria del licenziamento non risulta conseguenza automatica dell’illecito disciplinare ma è sempre rimessa alla libera determinazione e valutazione del datore di lavoro, costituendone esercizio del potere discrezionale.